Chi percorre la Strada Provinciale SP34 che collega Bagno a Ripoli con Pontassieve ….oppure dalla parte opposta dell’Arno sulla Strada Statale 67 che collega Firenze a Pontassieve, non può non intravedere , un maniero fortificato che si erge sulla riva sinistra dell’Arno.
Le Gualchiere di Remole – è questo l’edificio di cui stiamo parlando – sono l’ultima testimonianza integra dei numerosi opifici sorti nel Medioevo sulle rive dell’Arno per sfruttare la forza motrice dell’acqua. Prendono il nome dal procedimento di follatura cui erano sottoposti i panni di lana – la gualcatura – e dalla pieve di Remole, sulla riva opposta del fiume.
Sulla riva sinistra dell’Arno, qualche chilometro a monte della città di Firenze, questo maestoso edificio si specchia nel fiume con mura imponenti e torri merlate dall’inconfondibile fascino medievale. L’aspetto e la presenza di una cinta muraria a protezione del complesso e del piccolo borgo annesso hanno a lungo fatto pensare a una struttura fortificata, un castello medievale. Le mura, in realtà, non servivano a proteggere una popolazione inerme da scorrerie e saccheggi, ma a evitare il furto di un bene assai prezioso: il tessuto di lana.
Era in edifici come questo che le pregiate lane inglesi importate dai fiorentini venivano sottoposte a un particolare tipo di lavorazione, che consentì di produrre stoffe sempre più preziose e capaci di competere con gli analoghi prodotti fiamminghi e brabantesi.
Questo imponente opificio trecentesco è situato sul territorio di Bagno a Ripoli, con affinità geografiche e religiose con il Comune di Pontassieve e di proprietà del Comune di Firenze dai primi anni del XX secolo così come il terreno circostante e il borghetto di case.
Fu una delle grandi famiglie fiorentine a costruire le Gualchiere di Remole: dopo aver acquistato le principali strutture già esistenti, nel 1326 gli Albizzi investirono la meravigliosa cifra di 5000 fiorini d’oro per edificare il nuovo opificio, conquistando in tal modo la leadership all’interno dell’influente Arte della Lana. Quando, nel 1334, le due case all’estremità del fabbricato furono trasformate in torrioni, le Gualchiere assunsero l’aspetto che le avrebbe caratterizzate fino ai nostri giorni, quello di un complesso architettonico turrito, simile a un fortilizio. Alla struttura produttiva si affiancò un piccolo villaggio, animato dai gualchierai e dal personale di servizio, che non solo vi lavoravano, ma vi risiedevano stabilmente, sorvegliando i macchinari e i pregiati tessuti.
Gestite dagli eredi dei fondatori per due secoli, intorno agli anni Quaranta del ‘500, le Gualchiere furono acquistate dall’Arte della Lana, che ne rimase proprietaria fino all’abolizione delle corporazioni avvenuta nel 1770 per volontà del granduca Pietro Leopoldo. L’opificio passò allora sotto il controllo della Camera di Commercio che, a parte una parentesi di gestione da parte dell’Opera di Santa Maria del Fiore (1781-1812), ne mantenne il possesso fino agli anni 1914-1918, quando furono acquistate dal Comune di Firenze, tuttora proprietario dell’intero complesso sul territorio comunale di Bagno a Ripoli.
Strutture analoghe erano sorte da tempo lungo le rive dell’Arno, in città e al di fuori. Numerosi erano gli opifici sulla sponda destra del fiume, in particolare tra Rovezzano e Quintole. Le Gualchiere di Remole furono invece l’unica struttura a sorgere sulla riva opposta: un porticciolo per l’approdo dei traghetti ovviò all’assenza di strutture viarie dal lato del maestoso edificio; l’attracco avrebbe resistito fino al novembre del 1966, spazzato via dalla furia distruttrice dell’alluvione. Il tratto del fiume compreso tra Rovezzano e Pontassieve divenne allora un archetipo di comprensorio manifatturiero di successo, antesignano dell’odierna industria della moda.
“…accanto alla detta pescaia si trova lo stanzino con la Foderaia, due cateratte et il risciacquamento della gora con i rispettivi verricelli e catena “
Decrizione della Casellina – dal Contratto del 1782 citato da P.L.Barzellotti ne ” I Beni dell’Arte della Lana -1880
Gualchiere e borgo conservarono intatto il loro aspetto fino al 1944, quando le truppe tedesche distrussero le due porte d’accesso delle mura, e fino alla terribile alluvione del 1966, che non solo trascinò via traghetto e approdo, ma danneggiò anche la struttura. Alcuni mulini, tuttavia, rimasero in funzione fino ai primi anni Ottanta di quel secolo.
Da tempo le Gualchiere di Remole versano in un tale stato di abbandono da temerne la completa rovina, nonostante l’interessamento di numerosi cittadini e di comitati, e nonostante proposte e progetti di recupero che restituiscano alla comunità quest’unico esempio di impianto industriale tardo-medievale, ricordo di un’epoca in cui Firenze dominava nei commerci, nella finanza e nella cultura.
Le Gualchiere di Remole sono raggiungibili dalla strada provinciale di Rosano (dopo la frazione di Vallina in direzione di Pontassieve), nell’omonima località. Sono visibili solo dall’esterno, così come il borgo, oggi animato solo dalla presenza dello scultore Piero Gensini, ultimo nume tutelare del complesso.
La lavorazione della lana
Giunta a Firenze in balle, la lana grezza necessitava di una lunga serie di operazioni per essere trasformata in pregiato tessuto di lusso. Selezionata, lavata e filata era affidata a abili tessitori: divenuta stoffa era quindi sottoposta a altre lavorazioni, tra le quali la gualcatura (o follatura). I panni, bagnati con una soluzione di acqua calda, sapone, argilla e urina, erano battuti ripetutamente per ore all’interno di bacini, detti pile, in modo tale da provocarne l’infeltrimento. Le fibre del tessuto, serrate le une alle altre, rendevano la stoffa più compatta, morbida, resistente e in parte impermeabile.
Negli opifici come le gualchiere per questa operazione si sfruttava la forza dell’acqua, addomesticata tramite sbarramenti, pescaie, canali e bacini di riserva. Per controllarne l’afflusso e evitare danni alle strutture in caso di piene, gli edifici in genere erano costruiti a una certa distanza dal fiume. A Remole un canale artificiale in corrispondenza della pescaia (detto gora) convogliava verso le Gualchiere l’acqua necessaria per il funzionamento delle ruote idrauliche, per poi essere rigettata in Arno tramite una gora di scarico.
Terminata la gualcatura, i panni di lana erano tinti e perfezionati per poi essere messi in commercio.
L’Arte della Lana
Attestata nei documenti per la prima volta nel 1212 e pur entrando ben presto nel novero delle cosiddette corporazioni maggiori di Firenze (insieme a quelle dei Mercatanti o Calimala, dei Giudici e Notai, del Cambio, di Por Santa Maria, dei Medici e Speziali, e dei Vaiai e Pellicciai), nel corso del XIII secolo l’Arte della Lana era ben lontana dai fasti che l’avrebbero portata a dominare la città e la sua economia nel corso del secolo seguente. Il salto di qualità fu compiuto negli anni Venti del Trecento – epoca di costruzione delle Gualchiere di Remole –, quando i fiorentini sostituirono la più modesta lana dei paesi del Mediterraneo occidentale con quella pregiata prodotta in Inghilterra.
Come ricorda il cronista fiorentino Giovanni Villani, allora:
Le botteghe dell’arte della lana erano CC e più, e faceano da LXXm in LXXXm di panni, di valuta di più di MCC migliaia di fiorini d’oro; che bene il terzo e più rimaneva nella terra per overaggio, sanza il guadagno de’ lanaiuoli; del detto ovraggio viveano più di XXXm persone. Ben trovamo che da XXX anni adietro erano CCC botteghe o circa, e faceano per anno più di Cm panni; ma erano più grossi della metà valuta, però ch’allora non ci venia né sapeano lavorare lana d’Inghilterra, com’hanno fatto poi. (Nuova Cronica, XII, 94)
L’avvio di una produzione di tessuti di lusso a imitazione degli ottimi prodotti della manifattura fiamminga e l’enorme rete commerciale fiorentina imposero ovunque i panni di lana lavorati a Firenze. La lavorazione della lana, con il suo indotto, fu alla base della ricchezza fiorentina nel Trecento, una ricchezza che finanziò anche grandiose opere d’arte, quali il Duomo, il Campanile e la Cupola del Brunelleschi.
Note finali e Ringraziamenti.
Questa testimonianza continua quel viaggio iniziato qualche mese fa nel mio territorio, Bagno a Ripoli, fra le bellezze del “giardino più delizioso …. fra quanti formano ghirlanda alla bella Firenze”.. Nonostante Le Gualchiere siano uno dei maggiori esempi di archeologia pre-industriale d’Europa, lo stato attuale dell’opificio è di enorme degrado, sebbene da anni si parli di un progetto di musealizzazione, finora nemmeno avviato. Sembra ormai innescato un processo di oblìo che tende ad aumentare in modo esponenziale, tanto che il complesso attualmente è totalmente inagibile. E’ vero che le bellezze artistiche sono tante nella nostra penisola, ma questo maniero rappresenta qualcosa d’importante ed unico: il percorso nei secoli delle fatiche e l’ingegnosità degli uomini per vivere. Il mio compito è esaltare la bellezza per far comprendere una potenzialità che questo lembo del Pian di Ripoli potrebbe offrire a menti illuminate per investire nella sua rinascita.
La storia ci ha raccontato che nel 1333, il Pian di Ripoli, dette una risposta produttiva alle piene alluvionali e a quella lavorazione un pò maleodorante alla città di Firenze. Ancora oggi a qualche chilometro distante da qui, sempre nel Pian di Ripoli, con il Viola Park, si è dato un’ altra risposta positiva alla nostra città. Il Pian di Ripoli quindi ha un forte legame con la città di Firenze. Non ho ricette, non sono uno storico, nè ho compiti politici per indicare soluzioni ad un problema che ormai è presente nelle Istituzioni pubbliche da almeno 40 anni. L’unica cosa che mi sento di dire è che Amministrazioni Pubbliche, Istituzioni scientifiche, Comitati per la Rinascita, lavorino insieme, oguno con le proprie competenze, ma facciano squadra per questo obiettivo. Le divisioni hanno sempre prodotto ritardi e quasi mai hanno ottenuto successo se non quello di sentirsi depositari della cosa giusta.
Non perdiamo la speranza e affidiamoci alla sensibilità di chi oggi amministra, conosce, vive e lavora su questo straordinario territorio perchè si adopri per restituire alla vita questa ineguagliabile bellezza di conoscenza e di saperi. Il compito è arduo ma forse i tempi nuovi e drammatici che stiamo vivendo ci obbligheranno alla ricerca di nuove soluzioni economiche, che potrebbero partire da questi tesori con l’augurio di fare come l’Arte della Lana fece per lo splendore di Firenze rinascimentale.
Le foto di questo blog sono state scattate tutte nel febbraio 2021. Se sono incorso in errori di ordine storico-geografico, non essendo il mio mestiere, chiedo venia e vi prego comunque di segnalarmeli.
Come sempre voglio ricordare chi mi ha aiutato a comprendere meglio questa storia. Prima di tutto, Silvia Diacciati, dipendente dell’Ufficio Cultura del Comune di Bagno a Ripoli per la disponibilità e i suggerimenti, Silvano Guerrini, Ispettore Onorario alla Soprintendenza dal 1984 al 2001 per il Comune di Bagno a Ripoli e cultore di storia locale, Michele Turchi e Berlinghiero Buonarroti, studiosi di storia locale del Pian di Ripoli. Ultimo ma non per importanza, l’Ex- Sindaco del Comune di Bagno a Ripoli dal 2004 al 2014, Luciano Bartolini, facente parte del gruppo di lavoro per il Recupero delle Gualchiere che mi ha sollecitato a mettere i miei obiettivi su questo luogo.